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“Musicofilia”[1], Oliver Sacks.

Per una distinzione fra psicoterapia e psicoanalisi.

 

Illustrazione originale di Stefano Frassetto[2]. Rifer.: 0_5519320_125008.jpg

 

 

“…E prima ancora che il mio pensiero, esitante sulla soglia dei tempi e delle forme, identificasse la casa mettendo uno accanto all’altra le circostanze, lui - il mio corpo – ricordava per ciascuna di esse il tipo di letto, la collocazione delle porte, l’esposizione delle finestre, l’esistenza di un corridoio…”[3]

 

E’ una promettente intuizione, quella di Proust, scivolata però in una descrittività tanto seducente quanto melanconica, senza lutto cioè : ma interessante resta quella spazialità della memoria, esperienza di volumi che si ritrova anzitutto nel sogno notturno, ed anche altrove.

Nell’ascolto di musica, ad esempio, è la capacità di un ritmo a sollecitare qualcosa che la ragione, non il corpo, può aver rimosso : ciò che rende la musica un’esperienza emozionale unica,  addirittura impermeabile ad amnesie e demenza[4].

Sono della coscienza infatti le amnesie, dalle quali l’inconscio resta incredibilmente indenne : e può restare perfino inalterata la capacità di cogliere la realtà, magari fugacemente, perché ciò che il paziente lamenta è di non avere un passato[5]. Così, nei disturbi del movimento ciò che al paziente crea disagio è il ritenersi sottomesso ad un automatismo, il cui autore però resta ignoto : paradossalmente, proprio l’apprendimento di sequenze musicali che coinvolgano il corpo può arrivare a distrarre dalla ripetitività di quei movimenti involontari e consentirne il controllo.[6]

Per una via assolutamente differente dal sogno notturno, dato che non usa i mascheramenti visivi dell’attività onirica, la musica – o meglio ciò che l’ascolto di un ritmo musicale sollecita nell’ascoltatore – rivela insomma la presenza di una realtà nascosta e potente a cui la coscienza non sa dare soluzione, confermando dunque la insufficienza della parola ‘destino’.

Un ritmo musicale può avere la capacità di smascherare il lavoro dell’inconscio, che la coscienza ritiene di poter mantenere separato e silente : ma questo tornare a galla dell’inconscio - in quanto tentativo incessante di dare legge al corpo - con la musica avviene all’improvviso. “Il potere della musica, che sia gioioso o catartico, deve coglierti di sorpresa…”[7] Per che farne, però ?

Perché cogliere qualcuno di sorpresa ?

Freud - che sapeva suonare ed apprezzava Mozart – confrontò brevemente l’esperienza di ascolto musicale con l’esperienza visiva[8]: “Le opere d’arte esercitano tuttavia una forte influenza su di me, specialmente la letteratura e le arti plastiche, più raramente la pittura. Sono stato indotto perciò a indugiare a lungo di fronte ad esse quando mi se ne è presentata l’occasione, con l’intento di capirle a modo mio, cioè di rendermi conto per qual via producano i loro effetti. Nel caso in cui ciò non mi riesce, come per esempio per la musica, sono quasi incapace di godimento…”

Si tratta di un passaggio densissimo sulla competenza individuale, quando il pensiero si trova esposto ad una debilitazione, cioè al tentativo di separare emozione da intelletto : Freud aveva già allora abbandonato il metodo ipnotico appreso dal neurologo Charcot per il trattamento delle nevrosi, in quanto impositivo sul soggetto.

Differenziandosi nettamente dalle psicoterapie – che restano impotenti davanti alla imprevedibile, ma indotta, aggressività dell’inconscio - la psicoanalisi si sarebbe definitivamente orientata in quanto “…alternativa di ricorso, ‘sui iuris’ e non ‘iuris’”[9].

Solo tre anni prima, nel 1910, Freud aveva accettato di incontrare il compositore Gustav Mahler, il quale - già prostrato psichicamente - aveva più volte sollecitato il colloquio, e più volte l’aveva egli stesso disdetto : la ‘Prima Sinfonia’ presentata al pubblico nel 1889 - forse la sua opera più rappresentativa, nota come ‘Il Titano’ - riporta in uno dei movimenti proprio l’incontro temibile e cruento con l’angoscia profonda, che la psicoanalisi intende evitare assolutamente, e con ogni mezzo disponibile.

“E’ in virtù dell’inconscio che il corpo sperimenta nuove strade, cioè nuovi soggetti… L’analisi gli si offre come la possibilità che il lavoro dell’inconscio, fatto per riuscire e fallito, sia ripreso e rischi di riuscire”.[10]

 

                                        Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 23 aprile 2021

 

[1] Oliver Sacks (1933-2015) è stato medico e docente di neurologia e di psichiatria negli U.S.A. Ha pubblicato ‘Risvegli’ (1973), ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’ (1985), ‘Musicofilia’ (2007) e altri scritti. ‘Ogni cosa al suo posto’ (2019) è stato pubblicato postumo. 

[2] Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’.

[3] ‘Alla ricerca del tempo perduto. I/ Dalla parte di Swann’, Marcel Proust (1913) Oscar Mondadori 2017, Trad. G. Raboni, a cura di L.De Maria, p.6 

[4]‘Musicofilia’, Oliver Sacks (2009) Adelphi Edizioni Spa, pp.357-358.

[5] ‘Musicofilia’, Oliver Sacks (2009) Adelphi Edizioni Spa, pp.241-244.

[6] ‘Musicofilia’, Oliver Sacks (2009) Adelphi Edizioni Spa, p.287; p. 324-325.

[7] ‘Musicofilia’, Oliver Sacks (2009) Adelphi Edizioni Spa, p.377 

[8] ‘Il Mosè di Michelangelo’, Sigmund Freud (1913), ‘Premessa’ pp.17-18/ Biblioteca Bollati Boringhieri 1976. 

[9] ‘Lavoro dell’inconscio e lavoro psicoanalitico’, Giacomo B. Contri (1985) Ed. SIPIEL Milano, Collana ‘SIC - Il lavoro psicoanalitico’, p.12

[10] ‘Lavoro dell’inconscio e lavoro psicoanalitico’, Giacomo B. Contri (1985) Ed. SIPIEL Milano, Collana ‘SIC-  Il lavoro psicoanalitico’, p.28

 

Transitivo. La questione di un transfert che non c’è.

Il mio primo manuale scolastico, “Roselline”[1] (qui in un’edizione recente) : un lavoro paziente e goduto anche dai più piccoli quello in cui si arrivano a riconoscere dettagli fondanti, in un disegno, in un testo, in un discorso.

 

 

Già nel 1910, in occasione del 'Congresso di psicoanalisi' svoltosi a Norimberga, Sigmund Freud segnalava la laboriosità dell'analista nell'appuntamento col paziente, e la concomitante disponibilità ad elaborare un vissuto che il paziente stesso può richiamare : confrontandolo con l'applicazione del paziente, Freud usò lo stesso termine - Übertragung - ma con segno contrario.

‘Gegenübertragung’ fu pertanto il nome di una questione, il contro-transfert, per mezzo del quale l’analista però arrivava ad affiancarsi alla patologia del paziente riconoscendola, cioè senza farsene contagiare : le nevrosi infatti, comunque sottaciute, restano un virus insensibile alla medicina. La pubblicazione dei Casi fu per Freud l’occasione di segnalare quanto fosse proficua la disponibilità dello psicoanalista ad elaborare il proprio vissuto su sollecitazione indiretta del paziente e pur nella cospicua laboriosità che l’umano, ogni volta, sperimenta.

Jacques Lacan non aggiunse molto di più su quel terreno accidentato da cui fece in modo di mantenersi distante: la difesa nel ‘linguaggio’ resta formale infatti, anzi espone ad un comportamentismo che impigrisce le nevrosi e può persino rafforzarle. Ma ne “Il rovescio della psicoanalisi”[2] Lacan si spinge fino ad ammettere, brevemente, una imprevedibile e sovvertitrice competenza da parte del paziente, peraltro già sperimentata da Freud.

E’ tuttavia con “Il pensiero di natura”[3] che l’appuntamento fra paziente ed analista esce nettamente dalla mistica di un oscuro ‘transfert’, ammettendo che di elaborazione si tratta, e con due partner consapevoli di occupare posizioni differenti. Niente affatto obbligatoria, la elaborazione è però richiamata dalla imprevedibile, ed auspicabile, caduta di quella ripetitività patologica che teneva nascosta la competenza del paziente nel dipanare già i primi nodi della sua sofferenza : senza disponibilità alla competenza, infatti, nessun lavoro procede e neanche il lavoro analitico con le sue regole[4].

E soprattutto, è la disponibilità ad essere richiamati dalla competenza a rendere inutile zavorra la questione ‘transfert’ / ‘contro-transfert’ che non prevede lavoro, né dalla parte del paziente nè dalla parte dell’analista.

Senza questo passaggio ‘tecnico’, il ritorno al ‘transfert’ è un regresso insidioso che pone ostacoli non indifferenti alla cura.

 

                                                  Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 10 marzo 2021.

 

[1] “Roselline. Per muovere i primi passi nel disegno”, Rosella Banzi Monti – Edizioni Larus Srl.

[2] “Il rovescio della psicoanalisi – Il seminario Libro XVII. Jacques Lacan”, postfazione di Jacques-Alain Miller – edizione italiana a cura di Antonio Di Ciaccia, Giulio Einaudi editore Spa (2001).

[3] “Il pensiero di natura. Dalla psicoanalisi al pensiero giuridico”, Giacomo B. Contri (1994 e 1998) SIC Edizioni.

[4] “La formazione dello psicoanalista”, Giacomo B. Contri in ‘THINK!’ 10-11, 12, 15, 17-18, 19, 21 maggio 2014.

 

 

Una svolta, ed una sovversione. “Kant con Sade”[1], di Jacques Lacan.

Illustrazione originale di Stefano Frassetto[2]

 

 

L’inconscio inaugurato da Freud concepisce ‘memoria’ più che immaginazione[3] : è questa l’affermazione più interessante che Lacan porge a Freud e forse cardine della sua stessa ripresa analitica, la coscienza ritrovandosi costruita dalle rappresentazioni del pensiero anziché costitutiva dell’umano e l’ ‘oggetto’ stesso del desiderio ritrovandosi costruito[4] e non iscritto.

“Kant con Sade” fu pubblicato sette anni dopo il “Seminario su ‘La lettera rubata’” in cui Jacques Lacan annotava la eventualità, avanzata da Freud di ‘un automatismo di ripetizione’ nel quale -sempre secondo Lacan - il linguaggio introdurrebbe la possibilità della sottrazione[5] fino al tradimento della memoria[6].

Il disagio non ammesso della memoria tradita apre al disagio tout court[7] e Lacan può ben affermare: “Si sta bene nel male o, se si vuole, l’eterno femminino non attira verso l’alto…”[8], dove ‘femminino’ non è ‘femminile’ e lo spregiativo batte l’udito benchè scritto, seppellendo le differenze individuali a cominciare dai sessi[9].

Una banale sottrazione alla memoria – e proprio in termini ragionieristici oltre che economici – è in realtà una menzogna, anzi una ‘calunnia’[10] - ci dice Lacan - verso la propria memoria, forse non ancora distinta ed individuata : ma apre alla menzogna generalizzata, visto che ‘de Sade’ propone una ‘repubblica’ in cui la ‘calunnia’ assurga a virtù. D’altra parte, agli ingenui si può chiedere di giudicare?

“Ci si limiti a tornare, per confermare questa prospettiva, alla dottrina con cui Sade stesso fonda il regno del suo principio. Quella dei diritti dell’uomo. E cioè : nessun uomo, proprio per il fatto di non poter essere in alcun modo proprietà od appannaggio di un altro uomo, potrebbe trarre pretesto da questo medesimo fatto per sospendere il diritto di tutti a godere di lui, ciascuno a suo piacimento.”[11]

“La legge morale (kantiana, ndr) non rappresenta forse il desiderio nel caso in cui non è più il soggetto ma l’oggetto a venire meno ?”[12]

“Ne risulta che il sadico nega l’esistenza dell’Altro.“[13]

Il tradimento di una memoria che ha perso il suo orientamento rischia di impazzire : esige allora un pilota, quantunque esterno ed Altro. Ed è qui la sovversione di ‘de Sade’ che la svolta kantiana consente[14].

“…Non bisogna dire piuttosto che il sadico rigetta nell’Altro il dolore di esistere, ma senza vedere che per questa via egli si muta in un ‘oggetto eterno’… ?”[15]  

“In Sade ne vediamo il test, cruciale ai nostri occhi, nel suo rifiuto della pena di morte… Sade dunque si è arrestato qui, nel punto in cui il desiderio si lega alla legge (individuale, ndr)… L’apologia del crimine lo spinge solo a confessare di traverso la Legge. L’Essere supremo è ricostituito nel Malefizio.”[16] E quindi ?

Lacan lascia qui che il lettore incauto si avventuri fra i rovi di una ricerca esiziale, e si allontani – persino vertiginosamente ma a ‘suo’ piacimento - da quel ‘legame essenziale della memoria con la legge’ che la rimozione rinnega, e rinnega.

 

                                Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 12 febbraio 2021

 

[1] “Questo scritto doveva servire come prefazione a ‘La Philosophie dans le boudoir’. E’ apparso nella rivista ‘Critique’ (n.191, aprile 1963), in guisa di resoconto dell’edizione delle opere di Sade cui era destinato. Ed. du Cercle du Livre Précieux, 1963, 15 voll”, in “Kant con Sade” p.764 in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri Giulio Einaudi editore s.p.a. 1974 e 2002, ‘Biblioteca Einaudi’. Titolo originale : ‘Écrits’ (1966) ‘Éditions du Seuil’, Paris. 

[2] Stefano Frassetto Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’.

[3] “L’automatismo di ripetizione (Wiederholungszwang), - benchè nell’opera in causa la sua nozione si presenti destinata a rispondere a certi paradossi della clinica, quali i sogni della nevrosi traumatica o la reazione terapeutica negativa -, non potrebbe essere concepito come un’aggiunta, sia pure coronante, dell’edificio dottrinale. E’ la sua scoperta inaugurale che Freud vi riafferma : cioè la concezione della memoria che il suo ‘inconscio’ implica.”, p.42 “Il Seminario su ‘La lettera rubata’” in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.I, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[4] “Certi fenomeni della voce, specialmente quelli della psicosi, hanno appunto questo aspetto dell’oggetto…” p.772 

[5] “Ritroviamo qui (nella ‘Critica alla Ragion pratica’ di Kant, ndr) ciò che porta Kant ad esprimere rincrescimento che nessuna intuizione offra all’esperienza della legge morale un oggetto fenomenico. Conveniamo che lungo tutta la ‘Critica’ questo oggetto si sottrae. Lo si indovina però nella traccia lasciata dall’implacabile coerenza perseguita da Kant nel dimostrarne il sottrarsi…”, p.767 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[6] “…Una struttura, benchè resti ancora trasparente ai suoi dati, fa apparire il legame essenziale della memoria con la legge”, p.45 “Il Seminario su ‘La lettera rubata’” in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.I, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002).

[7] “ ‘La Filosofia nel boudoir’ (‘Marchese de Sade’, ndr) viene otto anni dopo la ‘Critica della ragion pratica’ (Immanuel Kant, ndr)… Diciamo che il nerbo del factum è dato nella massima che propone la sua regola al godimento, insolita nel suo porsi in termini di diritto alla moda di Kant, dato che si pone come regola universale. Enunciamo la massima : ‘Ho il diritto di godere del tuo corpo, può dirmi chiunque, e questo diritto lo eserciterò, senza che nessun limite possa arrestarmi nel capriccio delle esazioni ch’io possa avere il gusto di appagare’. Ecco la regola cui si pretende di sottomettere la volontà di tutti, per poco che una società la renda effettiva con le sue costrizioni…”, p.765 - 768 in “Kant con Sade”, ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[8] p.765 e più in là, a p.788 “…mai l’opera ci presenta il successo di una seduzione in cui pure il fantasma troverebbe il suo coronamento : quella per cui la vittima… consentisse con l’intenzione del suo tormentatore, o s’arruolasse dalla sua parte per lo slancio di questo consenso.”in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[9] ‘La questione economica del masochismo’, S.Freud (1924) OSF Bollati Boringhieri (2012) Vol.10 p.7-8 : “Ho dato l’appellativo di femmineo anche se molti dei suoi elementi rinviano alla vita infantile…” 

[10] “Per Sade si è sempre dalla stessa parte, buoni e cattivi; l’ingiuria non farà cambiare niente… Vi ci vuole un cuore ben saldo per seguire Sade quando esalta la calunnia, primo articolo della moralità da istituirsi nella sua repubblica”, p.788 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[11] p.770 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[12] p.781 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[13] p.778 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002).

[14] “Se Freud ha potuto enunciare il ‘suo’ principio del piacere senza nemmeno doversi curare di sottolineare che cosa lo distingue dalla sua funzione nell’etica tradizionale, …facendo eco al pregiudizio incontestato di due millenni, per ricordare l’attrazione che preordina la creatura al suo bene con la psicologia che s’iscrive in diversi miti di benevolenza, ne possiamo ringraziare soltanto l’insinuante ascesa, attraverso il secolo XIX, del tema della ‘felicità nel male’. Qui Sade è il passo inaugurale di una sovversione di cui, per quanto strano ciò possa sembrare se paragonato alla freddezza dell’uomo, Kant è la svolta decisiva, e per quanto ne sappiamo mai individuata come tale.”, p.764-765 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[15] p.778 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002). 

[16] p.790 in “Kant con Sade”, in ‘Jacques Lacan. Scritti’ Vol.II, a cura di Giacomo B. Contri/ ‘Biblioteca Einaudi’ - Giulio Einaudi editore s.p.a. (1974 e 2002).

 

 

Fissazione alla mancanza… Un eros senza corpo ?

Un eros senza corpo[1] ?

 

Illustrazione originale di Jacopo Ricci[2] : si tratta di una eccellente interpretazione della lezione di Freud in “L’umorismo” (1927). Per un attimo - il tempo di un flash del pensiero – la coscienza si lascia rappresentare aggrappata come un polipo ad un teschio che perde i pezzi, col risultato di mostrare al Soggetto quanto l’angoscia, che non permette di ragionare, sia invece affrontabile. L’umorismo, secondo Freud, è la disponibilità del Soggetto a trovare uno spiraglio risolutivo a quella ‘mancanza’, fissandosi alla quale incorrerà invece nella psicopatologia, debilitante e disabilitante.  

 

 

 

(Lou Andreas Salomè) : “…è un fatto squisitamente umano che l’uomo sia ed insieme non sia il suo corpo, che cioè il suo corpo, nonostante tutto, sia una parte come ogni altra della realtà esterna. Esso può così venir definito dall’esterno, con l’ausilio degli organi sensoriali, ricacciandolo perciò in una dipendenza che  rende ogni altra quasi irrilevante, simile ad un gioco da bambini, e priva di tragicità. Per tale ragione è proprio la malattia a farci ricordare tutto quel che di innocente e di commovente vi è nell’uomo; ma anche per questa stessa ragione tutto ciò suscita la sensazione che qualcuno soffra per noi tutti in quanto il suo modo di soffrire diviene per noi un simbolo di che cosa sia capace l’uomo.

(Sigmund Freud) : … Riflettendo sulle interessanti, ma non sempre accettabili osservazioni da Lei espresse sul rapporto tra l’uomo ed il suo supporto corporeo, mi domando come concepirebbe l’analoga relazione con un tale surrogato che cerca di essere Io e che nondimeno non può esserlo; un problema che si presenta già nel caso degli occhiali, della dentiera e della parrucca, ma non in modo così importuno come nel caso di una protesi ossea.”[3]

(Lou Andreas Salomè) : “…Per esempio, nella sfera erotica, quella che tocca più da vicino la donna; temevo proprio qui che la vecchiaia potesse arrivare troppo tardi (…) e che, di conseguenza avrebbe potuto defraudarmi di ciò che di più specifico ha da regalarci proprio in quanto vecchiaia. … Poiché, insieme all’esperienza erotica in senso stretto, ci si lascia alle spalle una via senza uscita… dove non c’è posto che per due persone una a fianco all’altra, per inoltrarsi invece in una distesa incommensurabile…”[4] 

(Lou Andreas Salomè) : “…Per altro verso, non mi convince altrettanto il Suo saggio sull’Umorismo[5] : cercherò brevemente di indicare perché. Il motivo è che l’istanza parentale, i cui effetti retroattivi condizionerebbero la superiorità umoristica, in fondo è la medesima istanza che ci ha educato a prendere sul serio tutti i dati di realtà che, in quanto bambini, preferivamo scavalcare e che, con tutti i suoi precetti e divieti, ha terribilmente svuotato di umorismo il nostro rapporto con la realtà[6]

(Sigmund Freud) : …La nostra divergenza d’opinioni riguardo all’umorismo mi ha ricordato che non sono riuscito a risolvere uno dei suoi enigmi : come mai le donne coltivino l’umorismo, o lo apprezzino, tanto meno degli uomini.”[7] 

 

                                                             Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 14 novembre 2020

 

 

[1] Le citazioni sono tratte dalle lettere di Lou Andreas Salomè a Sigmund Freud, con i relativi commenti di Freud. “Eros e conoscenza. Lettere 1912-1936”, Ed. ‘Universale Bollati Boringhieri’ 2010.

[2] Illustratore indipendente di Valenza, Jacopo Ricci è nato a Milano negli incredibili anni ‘80 (1988 per la precisione). Disegna da sempre ma si innamora perdutamente di matite e pennelli solo dopo aver finito le scuole superiori. Collabora con riviste online e realizza i più svariati lavori su commissione. Nel 2018 illustra ‘Dottor Tremarella’  (libro autoprodotto) e ‘Guarda Oltre’ (sempre autoprodotto). Nel 2019 si avvicina alla serigrafia che gli permette di realizzare i lavori autonomamente, dall’idea fino alla stampa. Potete dare un’occhiata ad alcuni dei suoi disegni su:       https://www.facebook.com/jacoporicciillustratore  https://www.instagram.com/jacoporicciillustratore/

[3] Pag. 135 in “Eros e conoscenza. Lettere 1912-1936”, Ed. ‘Universale Bollati Boringhieri’ 2010.

[4] Pag. 163 in “Eros e conoscenza. Lettere 1912-1936”, Ed. ‘Universale Bollati Boringhieri’ 2010.

[5] ‘L’umorismo’, S. Freud (1927) in “OSF” Vol.10 pp.499-508 B.Boringhieri è un saggio brevissimo che segue il ‘Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio’ (1905) e nel quale Freud conferma il risultato delle sue osservazioni sui pazienti, anticipando quella che resta la sua più feconda eredità : la competenza individuale nella cura del pensiero, e la strenua resistenza ad essa.

[6] La lettera di Lou Andreas Salomè è datata 6 novembre 1927 : il saggio ‘L’umorismo’ era stato letto da Anna Freud durante il Congresso a Innsbruck nel settembre 1927; fu pubblicato su ‘Almanach des Internationalen Psychoanalytischen Verlags für das Jahre 1928’.

[7] Pagg. 167-169 in “Eros e conoscenza. Lettere 1912-1936”, Ed. ‘Universale Bollati Boringhieri’ 2010.

 

 

L’adulto non separi ciò che il bambino unisce.

“Il Caso Matilde”[1] in n. 1/2017 ‘Psicoterapia e Scienze Umane’, Franco Angeli Editore.

 

 

“Il mio intervento[2] propone un percorso possibile laddove - ne “Il Caso Matilde” presentato da Marta Angellini - Monica Ceccarelli mette a fuoco ‘il crinale tra una psicomotricità a orientamento analitico ed una psicoterapia psicomotoria’ (n. 1/2017, p.143).

Il riferimento a celebri casi trattati da Freud porta ad una rilettura che può rivelarsi non solo feconda ma persino percorribile nell’odierno.

E’ significativo che Freud abbia deciso di pubblicare pochissimi fra tutti i casi che trattò, molto probabilmente per l’apporto innovatore che alcuni di questi conferirono alla nascente conoscenza psicoanalitica e quindi per la proficuità con cui i risultati raggiunti avrebbero potuto essere ripetuti in casi analoghi. Freud stesso modificò secondo logica e per gradi il ‘setting’ iniziale al quale tuttavia egli, e chiunque se ne riconosca erede, attribuì un insuperato profitto nel risultato del lavoro analitico.

Nel caso proposto apprendiamo che Matilde[3] si presenta con una domanda ‘non certa’ : offre un corpo che ‘era come se non abitasse’ (n. 1/2017 p. 134) e che si muoveva ‘nella sala con passo incerto e con un equilibrio alquanto instabile’ (p. 133).

Abbiamo di fronte una giovanissima paziente che stenta a riconoscersi protagonista della cura decisa dai suoi adulti – genitori, insegnanti, come ci informa l’Autrice – ai quali pure Matilde ha chiaramente comunicato un suo generico disagio. Tuttavia, Matilde si dimostra collaborante : anzi inizia, o meglio intraprende, una sua specifica iniziativa, che è ‘il gioco’, rispondendo così all’offerta della psicomotricista con un suo lavoro di elaborazione che è già lavoro analitico e che dunque non richiede altro che non sia rispondere al suo discorso, cioè al suo pensiero. Un gioco che è ‘il gioco di Matilde’ – ‘gioco ricchissimo’ e di ‘grande puntualità e acutezza’ (p. 135) che, come ci spiega l’Autrice, l’ha ‘sollecitata’.

Matilde coglie rapidamente l’aiuto offerto e porta in tavola, cioè mette subito a tema, ciò che fuori dalla stanza di psicomotricità non poteva iniziare e che dunque la induceva a sottrarsi alla domanda o offerta di altri possibili partner.

Marta Angellini ci informa che Matilde sta istituendo nella madre un partner di rapporto, ma tale suo lavoro è combattuto dalla nonna materna che lo banalizza umiliando il partner-madre, la cui difesa è purtroppo ingenua – ‘la gravidanza è stata costellata da attacchi di gelosia della madre… e Matilde aveva assistito a furibonde liti tra la madre e la nonna’ (p. 134). Userei piuttosto il termine ‘invidia’, in quanto patogena, della nonna materna nei confronti della madre, e soprattutto nei confronti di Matilde-oggetto-dell’invidia.

Non sappiamo nulla del padre in quanto partner di rapporto : tuttavia egli si presenta insieme alla madre, e dunque collaborante per un ‘percorso di sostegno alla genitorialità con Adriana Grotta’[4] (p. 134). E’ interessante che già al secondo anno di terapia, quindi intorno ai quattro anni di età, Matilde sperimenti la nascita di una sorellina, come risultato della soddisfazione coniugale dei genitori.

Anzi Matilde usa questa nascita per passare proficuamente a partner del padre e senza apparente conflitto con la madre – ‘inscena il matrimonio… inizia ad assumere frequentemente ruoli femminili… ha una maggiore sintonia… con la mamma’ (p. 137).

Ma è con il gioco inedito della piscina e delle lumache minacciose (terzo anno di terapia), nel quale riconosce la convenienza della parola, e col successivo e conclusivo gioco dell’acrobata (quarto anno) che Matilde si porta finalmente ad una soddisfazione cui l’offerta di ulteriori interventi rischia la ridondanza.

A questo proposito cito l’osservazione di Max Graf, padre del piccolo Hans, che Freud riporta a conferma del superamento della patologia lamentata dal bambino : ‘Da due giorni noto che Hans fa il disobbediente con me, risoluto ma senza sfrontatezza, con una specie di allegria.

Questo significa che non ha più paura di me, del cavallo ?’ (Sigmund Freud, ‘Analisi della fobia di un bambino di cinque anni’/1909)…”[5]

 

                                                        Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 18 ottobre 2020

 

 

[1] “Il Caso Matilde” è stato presentato dalla psicomotricista Marta Angellini, con la supervisione di Monica Ceccarelli per la rubrica “Casi Clinici” sul n. 1/2017 di ‘Psicoterapia e Scienze Umane’/ Franco Angeli Editore, (pp. 133-142).

[2] Il testo cita il mio commento a “Il Caso Matilde”, pubblicato sul n. 3/2017 di ‘Psicoterapia e Scienze Umane’ (pp. 475-476).

[3] Matilde ha meno di tre anni all’inizio del Caso.

[4] Adriana Grotta è psicologa e psicoanalista, curatrice con altri della rubrica ‘Casi clinici’ in ‘Psicoterapia e Scienze Umane’ di Franco Angeli Editore.

[5] Nel Caso de “Il piccolo Hans”, Sigmund Freud descrive la fobìa e la guarigione di un bambino utilizzando il metodo analitico.

 

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