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AdolesSsenza.

In alto, Tsukiko Omachi in una sequenza da ‘Gli anni dolci’ Vol.1, di Jirō Taniguchi[1] (2010, RCS Libri Spa) su un romanzo della scrittrice Hiromi Kawakami.

 

 

E’ una favola tradizionalissima, ma agìta in quella cornice ribelle che sa sedurre perché si respira un profumo, una essenza davvero curiosa : l’essenza di una adolessenza, assenso giuridico ad un ‘vorrei-ma-forse-no’, di un passare ad adulti che provoca ed annoia, sottili venature viola nel rosa abbacinante delle fioriture di Tokyo, non ci si schioda facilmente dalla bellezza. E l’altro, infatti, negli appuntamenti di Tsukiko Omachi non entrerà mai. Jirō Taniguchi riesce molto bene a rendere visivo quell’innamoramento di sé che il romanzo spiega minuziosamente : la grandezza di un mangaka[2] sta anche nella rara capacità di saper pubblicare, senza necessariamente assentire, una legge che altri hanno approvato.

Matsumoto Harutsuna è un osservatore attento e di memoria, studioso di matematica ed appassionato di letteratura, un uomo pacato, ragionevole, così poco samurai. Ma per Tsukiko lui è rimasto ‘il professore’ di cui non ricorda il nome, l’uomo che al liceo poteva promuovere o bocciare, un significante inamovibile nel tradizionale binomio padrone-vittima, una risonanza inutile ma formalmente emancipata : e soprattutto egli è stato sposato.

Occorre allora una volontà, immaginifica benchè preordinata, di assenza di volontà perché lei - peraltro puntualissima sempre, secondo orologio – possa finalmente rimuovere l’altro che incontra senza incontrarlo affatto. Lei è già in piena autonomia, salvo l’estetica.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 22 aprile 2024

 

 

[1] Jirō Taniguchi (1947-2017) : appassionato di fumetti fin da bambino, decide di farne la sua professione e si trasferisce a Tokyo, la sua prima opera è ‘Cloroformio’ (1970). Nel 1971 vince l’ambito concorso indetto annualmente dall’editore ‘Shogakukan’ con ‘Voci lontane’ e nel 1975 inizia a pubblicare la sua prima serie ‘Animali senza nome’. Importanti sono le sue collaborazioni con scrittori famosi : Natsuo Sekikawa, Caribu Marley, Shiro Tosaki, Ryuichiro Utsumi, Baku Yumemakura fino a Hiromi Kawakami. La capacità di scrivere storie di cui è anche autore ne sancisce la maturità artistica e comunicativa : nel 1986 pubblica ‘Bianca’, poi ‘L’uomo che cammina’ (1990), ‘In una lontana città’ (1998) e numerose altre opere. Nel 1992 vince di nuovo il premio ‘Shogakukan’ con ‘Allevare un cane’ e molti successivi premi. Studioso attento del fumetto europeo e capace di cimentarsi in ambienti molto diversi, Taniguchi  matura un suo proprio stile realistico e minimale che lo fa apprezzare anche all’estero dove ottiene importanti riconoscimenti.

[2] ‘Mangaka’ indica nella lingua giapponese un autore professionista di fumetti.

tauromachia.

 

 

Ha un’origine antichissima che tocca anche il leggendario Minotauro, divoratore di umani nell’antica Creta, ‘Re-Toro’ furioso dalla testa esagonale di bestia, incapace di pensiero e rinchiuso nel famoso Labirinto.

Difficilmente tuttavia la rappresentazione - persino mentale e immaginifica – di una ‘Plaza de Toros’ può giustificare la modalità primaria della ‘tauromachia’ quale ‘legge’ del moto umano, o inconscio, essendo piuttosto un prodotto della Storia delle culture, dove l’altro già entra degradato a orpello di scena, il Toro appunto.

In Arte, Picasso ne fa la sua coscienziosa e manieristica persecuzione perché nelle sembianze minacciose e/o minacciate di quella ‘testa-senza-pensiero’ mette di volta in volta la sua stessa testa, oppure quella della Donna, o quella della Vittima[1]. Ma per il suo predecessore Goya l’oscura ambiguità della demenza, che perfettamente descrive negli orrori delle guerre[2] così come nel riso di bambini feroci, lungi dal consentirgli un rifugio sicuro, passa invece a rischiosissima e fluida ‘comfort-zone’.

Di questa operazione culturalmente indotta – il degrado sotto minaccia di rimozione – si sa tuttora poco, sebbene sia un’operazione che si sposta agevolmente così nell’individuo come nella Storia, e senza temere confini di sorta.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 13 aprile 2024

 

In foto: la più antica ‘Plaza de Toros’ di Spagna a Ronda, splendida cittadina dell’Andalusia, fondata dai Celti in posizione strategica nel VI sec. a.C., e con intatta la struttura araba dell’XI sec.d.C. Dal 2011 le ‘corride’ in Spagna son state legalmente abolite.

 

 

[1] Pablo Picasso (1881-1973): 'Il bacio' (1925), ‘Donna piangente’ (1937), ‘Guernica’ (1937).

[2] Francisco Goya (1746-1828): Serie dei ‘Giochi di bambini’ per la Reale Manifattura degli Arazzi di Santa Barbara (1786-1791), ‘Capricci’ (1799), ‘Disastri della guerra’ (1810-1820). Su Goya si è da poco conclusa a Milano la bella mostra ‘Goya. La ribellione della ragione‘, al Palazzo Reale (31 ottobre 2023 – 3 marzo 2024). Interessante è anche la graphic-novel di Otto Gabos ‘Francisco Goya. La tentazione dell’abisso‘ (2023).  

Es ist stärker als ich[1]  

 

 

 

 

 

Nell’ammettere la presenza di un ‘io’ – sebbene combattuto - si indica con ciò stesso il punto di partenza di un lavoro di competenza, scienza del proprio pensiero, anche quando il pensiero teneva già appese al chiodo le chiavi di accesso, e magari già si ritirava in un’autonomia di rapporti.

La perversione non ammette alcun punto di partenza, trovando nella propria formazione reattiva quel comfort e quella giustificazione che non le sollecita altro che confezionare – persino splendidamente - il pensiero di un altro.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 28 febbraio 2024

 

 

Illustrazione originale di Gianni Russomando[2]

 

 

[1] In ‘L’Io e l’Es’, S. Freud (1922) OSF Vol.9 Bollati Boringhieri, pp.486-487 Freud cita G. W. Groddeck, ‘Das Buch vom Es’ da cui ha tratto ispirazione per chiamare Es la istanza di Io combattuta dal Super Io. In ‘Il pensiero di natura. Dalla psicoanalisi al pensiero giuridico’, SIC Edizioni (1998) Cap.II ‘La Carta o Enciclopedia del pensiero di natura’ – Parag. 16, p.121 lo psicoanalista dott. Giacomo B. Contri dice : “Freud invece ha tenuto a sottolineare che il suo ‘Es’ è proprio quello della comune espressione ‘es ist stärker als ich’, ‘è più forte di me’.” Traducendo letteralmente ‘esso è più forte di io’, la lingua tedesca ci offre un limpido confronto fra i due termini ‘esso’ e ‘io’ che l’analizzando nomina spesso e con sicurezza, ma trovandosi impreparato ad analizzare.

[2] Gianni Russomando, note di biografia : “Sono nato a Vercelli nel 1956, diplomato presso l’Istituto di Belle Arti di Vercelli, mi definisco un semplice ‘amanuense’, lontano mille miglia da mostre, concorsi, esposizioni.” 

In medias res(1).

Igort/2 e Naoki Urasawa(2).

 

 

In foto, citaz. da : 'Asadora!' di Naoki Urasawa, vol.2

 

 

 

 

 

‘In medias res’ noi veniamo alla luce - e sappiamo bene che nessuna preparazione al mondo può surrogare il nascere alla realtà : ma è ‘in medias res’ che accade di passare ad adulti e, se la memoria non vacilla, è a questi flashes che dobbiamo il recupero di un passaggio deciso in proprio, niente affatto imposto ma adottato, specificamente, dal soggetto.

‘In medias res’ si trova la bambina Asa Asada, ed è ad un bivio[3] : piangere davanti alla distruzione della sua casa a Nagoya, e di quasi tutta la sua famiglia per il gigantesco tifone che attraversò il Giappone nel 1959, oppure accogliere le istruzioni del veterano aviatore Haruo Kasuga - un tempo ‘eroe dei cieli’ come egli stesso ripete e ripete – sanguinante per una ferita alla spalla ed ormai già incapace di muovere la mano destra. E’ il Vecchio Kasuga, così immobilizzato, ad indicare alla bambina ciò che lei dovrà fare per tenere la barra di comando dell’aereo : ed Asa Asada – ultima da sempre nella sua numerosa famiglia - sceglie di passare ad adulta, lucidamente esegue la manovra  - unico spiraglio con chances - fino a portare in salvo tre dei suoi dieci fratelli appena scampati con quel dottor Tanaka che ha fatto nascere l’ultimo dei tre. 

‘In medias res’ è dunque questa tecnica non facile che affolla di emergenze le pagine di una storia in cui il protagonista non ha scelto di trovarsi : ma le concatenazioni ci giungono assolutamente corrette. Qual è allora la logica ?

Perché il ‘manga’[4] può inventare le linee grafiche che esprimano qualunque moto, naturale e umano, e può anche decidere i tagli delle sequenze per aumentarne l’efficacia, ma non ha molti altri strumenti a disposizione, come invece si è abituati a pretendere da spettatori tradizionali quali siamo. E’ il disegno come percezione fisica degli eventi a tenere il contatto con la storia, che resta incisa prima ancora di vederla, più per ascoltatori dell’immagine, insomma, che per chierici della parola, ed è questo che può disattendere il conservatore.

Asa è un personaggio, non una bambina reale : e questo sa bene Naoki Urasawa che l’ha ideata senza mai perdere il contatto con il percepito, con l’affidabilità della sua stessa memoria. Ma è una bambina che arriva ad usare logica, quella logica mite e terribilmente realistica, trascurata dal gruppo perché non è a saldo zero e sarebbe difficile da giustificare.

Talmente provocatorio è un realismo siffatto.

 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 1 febbraio 2024

 

 

 

[1] In ‘lezionidifumetto.it’, ‘Cinema Urasawa : la regia di un mangaka’ / https://www.youtube.com/@lezionidifumetto presentando il vol.1 di ‘Asadora!’ IgorT definisce ‘in medias res’ la tecnica narrativa del maestro Naoki Urasawa : una tecnica che già il poeta latino Orazio presenta nel suo ‘Ars poetica’ // Maestro della graphic novel e illustratore, sceneggiatore, regista, musicista, Igor Tuveri - in arte Igort - nasce a Cagliari nel 1958 : comincia a Bologna, pubblicando già alla fine degli anni ’70. Nel 1980 esce il suo primo album solista, edito da Italian Records, dal titolo ‘Radetzky e gli isotopi’; è ora collaboratore fisso di Linus, Frigidaire, Alter Alter, L’echo des Savanes, Vanity e The Face. Nel 1983 è tra i fondatori di Valvoline, pochi anni dopo è a Parigi con Metal Hurlant, fra i cui fondatori è Moebius. Negli anni ’90 si trasferisce a Tokyo, dove dal 1991 inizia una collaborazione con la casa editrice Kodansha, che durerà per quindici anni. Nel 2000 è co-fondatore con Carlo Barbieri della casa editrice Coconino Press. Nel 2002 edita ‘5 è il numero perfetto’, che nel 2003 vince il premio come miglior libro dell’anno alla ‘Fiera del libro’ di Francoforte e che nel 2019 diventa un film, interpretato - fra altri - da Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso ed è diretto e sceneggiato da Igort : il film viene presentato in anteprima al Festival di Venezia ed in seguito anche a numerosi altri Festival internazionali. Sempre con ‘Coconino Press’ Igort edita ‘Fats Waller’. Inizia la serie ‘Baobab’. Nel 2010 ha già vissuto in Ucraina e in Russia, edita con Mondadori ‘Quaderni ucraini’, cui segue ‘Quaderni russi’ e nel 2014 ‘Quaderni giapponesi’. Nel 2017 annuncia di abbandonare ‘Coconino Press’ e ‘Quaderni giapponesi’-vol.2 esce per Oblomov Edizioni : nel 2018 riceve il premio del pubblico al ‘Biografilm Festival’ di Bologna. Ancora nel 2018 è nominato direttore di Linus. Nel 2019 i ‘Quaderni giapponesi’ vengono esposti al British Museum nella mostra sui manga curata da Paul Gravett. Nel 2023 (maggio-settembre) a Pisa, ‘Palazzo Blu’, viene presentata la mostra ‘Igort. Attraversare le forme’.

[2] Il maestro Naoki Urasawa è forse oggi il migliore ‘mangaka’ al mondo. Nasce nel 1960 a Fuchu, in Giappone, e comincia a disegnare prestissimo, intorno ai quattro anni come lui stesso ricorda, ma soltanto a ventidue anni - dopo una infanzia di solitudine e di silenzio in cui i manga, i fumetti, furono i suoi unici compagni - quando proprio è alle soglie della laurea in Economia che otterrà a ventitre anni presso l’Università Meisei a Tokyo, sceglie di lavorare come ‘mangaka’, come disegnatore di fumetti : ha appena vinto il concorso dell’editore Shogakukan per i talenti emergenti, lo ‘Shogakukan New Comic Artist’ e gli si pone già la prospettiva del lavoro su commissione, le Case editrici in Giappone sono assolutamente esigenti. Urasawa teme di perdere quella indubbia capacità creativa che lo contraddistingue e lo indica come autore che predilige trame complesse, con una speciale abilità nel riprodurre situazioni ed espressioni psicologiche. Debutta nel 1983 con la serializzazione di ‘Beta!!’, cui segue la collaborazione e amicizia con l’editor Takashi Nagasaki che si rivela fondamentale nell’affrontare quei vent’anni di lavoro in cui gli verranno commissionate 140 tavole finite al mese. Seguono altre opere di successo - trasmesse anche in televisione dall’emittente statale nel tradizionale programma dedicato ai manga - fino a ‘Monster’ (1994-2001) dove Urasawa, che da bambino aveva conosciuto l’angoscia e il terrore, realizza la sua ambizione di lavorare sui testi di Stephen King : tuttavia il continuo applicarsi a più opere contemporaneamente – sua caratteristica fin dagli esordi – cui egli aggiunge spesso impreviste collaborazioni, lo piegano inesorabilmente. La nascita della figlia gli fa decidere di declinare in modalità differenti la sua passione per il disegno, desidera passare più tempo con la famiglia e così, senza mai smettere di disegnare, si dedica anche alla musica realizzando apprezzabili incisioni, e a trasmissioni televisive dove egli intervista e fa conoscere il metodo di lavoro dei mangaka. Nel 2003 realizza la nuova serie ‘Pluto’, ed altre serie sempre per Shogakukan, fino ad ‘Asadora!’ che inizia nel 2018 ed è tuttora in corso. Suoi indispensabili riferimenti sono sicuramente il leggendario Osamu Tezuka con cui Urasawa collabora agli esordi, e Katsuhiro Otomo, regista e fumettista. Con Urasawa il manga esce decisamente dai confini del Giappone mantenendone saldi i valori e la cultura, ma con una inedita capacità identitaria che sa confrontarsi senza provincialismi con gli autori ed il pubblico nel mondo. (Vedi anche https://www.youtube.com/watch?v=HhGCIVfAwOw - ‘A tu per tu con Naoki Urasawa e Jim Lee’, IgorT intervista Naoki Urasawa e Jim Lee in occasione di ‘Lucca Comics 2023’, su ‘lezionidifumetto.it’).

[3] ‘Asadora!’ di Naoki Urasawa, romanzo seriale a fumetti, vol. 2 – trad. M. Capriati, ed. italiana 2021 ‘Panini SpA’

[4] Nella  lingua giapponese ‘manga’ indica in generale qualunque fumetto, senza però identificarsi con l’espressione ‘graphic novel’. L’antichissima tradizione del ‘manga’ lo avvicina al teatro giapponese del XIV secolo d.C., alla danza, alle maschere, alle caricature, ed influirà su tutta l’arte visiva del Giappone fino agli artisti contemporanei così come sull’arte occidentale del XIX secolo, e specialmente sull’Impressionismo.

 

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